. . . non solo i bambini ma anche gli esseri umani di tutte le età sono oltremodo felici e in grado di estrinsecare le loro capacità con il maggior vantaggio possibile quando sono sicuri che dietro di loro ci sono una o più persone che li possono aiutare in caso di difficoltà. La persona fidata fornisce una base sicura su cui appoggiarsi per potere agire”. J. Bowlby, 1973
INTRODUZIONE
La scuola italiana è una scuola inclusiva. Non faccio fatica a dichiararlo, ho avuto modo di vederlo in giro per gli istituti del nostro Paese, ne ho preso maggior consapevolezza visitando sistemi di istruzione europei che nelle classifiche internazionali occupano posizioni più alte dell’Italia. La scuola italiana mette al centro lo studente, si pone come obiettivi primari la sua formazione e la libertà di autodeterminarsi, senza ostacoli o barriere di alcun tipo, combatte discriminazioni e piuttosto favorisce la naturalezza dell’inclusione di qualsiasi alunno.
È così perlomeno dagli anni ’70 del secolo scorso quando abbiamo abolito le classi speciali e abbiamo creato le condizioni per la costruzione di un ambiente accogliente per ogni studente. Così è stato per gli alunni e le alunne con disabilità gravi, così è stato anche per quegli studenti che hanno mostrato di avere difficoltà nell’apprendimento. Con l’introduzione della legge 170/2010 sui cosiddetti Dsa, abbiamo assistito ad un aumento delle diagnosi, un aumento che rientra tuttavia nella normalità: si è passati dalla prima rilevazione del febbraio 2011 che registrava circa 62.000 certificazioni all’ultima nel 2014 che ne riportava 186.000.
Occorre mantenere alta l’attenzione sulla correttezza delle diagnosi perché una buona diagnosi è utile alla scuola, se reca indicazioni che gli insegnanti possono far proprie e tradurre nella quotidiana opera di insegnamento, nella prassi didattica. Per questo voglio esprimere il mio apprezzamento per le linee guida redatte dal gruppo di lavoro del Cnop. Mi auguro che questo documento diventi uno dei diversi strumenti a disposizione dei professionisti del mondo della sanità e del personale della scuola per realizzare una società sempre più inclusiva.
Davide Faraone
Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca
CAPITOLO 1
I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI
I Bisogni Educativi Speciali (BES) sono quelle particolari esigenze educative che possono manifestare gli alunni, anche solo per determinati periodi, «per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta» (Direttiva Ministeriale del 27.12.2012). Tale Direttiva riassume i BES in tre grandi sottocategorie: quella della disabilità (tutelati dalla L.104/92), quella dei disturbi evolutivi specifici (tra i quali i DSA, tutelati dalla L.170/2010, e per la comune origine evolutiva anche ADHD e borderline cognitivi), e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
In ambito clinico esistono anche altri disturbi o situazioni non menzionati specificamente dalla Direttiva, quali ad esempio i disturbi dell’apprendimento non specifici, i disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia, gli alunni plusdotati intellettivamente (i cosiddetti “gifted”), ecc., che possono essere ricompresi tra i BES.